martedì 25 gennaio 2011

Dischi Del Mese: Gennaio '11



"So this is the new year!" cantavano i Death Cab For Cutie (di cui è previsto il nuovo album, quest'anno) e vediamo come comincia questo 2011, musicalmente parlando.


The Decemberists - The King Is Dead: se digitate Decemberists alla voce "Immagini" su Google, non è da escludere che tra i risultati possa spuntare qualche dagherrotipo dei (bei) tempi in cui non c'era una reflex al servizio di ogni cazzone con ambizioni da fotografo. Superata questa digressione, com'è il nuovo disco della band di Colin Meloy? Carino, ma niente di che. Il folk-rock più duro e puro oggi strizza l'occhio allo Springsteen da stadio (e il risultato è gradevole sia in Don't Carry It All che in Down By The Water); c'è spazio per atmosfere più elegiache con i due Hymns, e per danze da saloon come All Arise. Chiude questo buon disco Dear Avery, classica ballad, solida e piacevole. Niente di memorabile, ma fa passare una buona ora di ascolto. Voto 7-


Gorillaz - The Fall: diciamoci la verità: Damon Albarn incute una certa reverenza. E, probabilmente, chiunque interromperebbe l'ascolto di questo disco già alla prima traccia, Phoner In Arizona, per quanto è tamarra. Ma siccome a Damon si vuole bene dai tempi di Parklife (e anche prima), stoicamente si resiste e si va avanti fino alla fine di questo album, interamente concepito con quella figata di oggetto del desiderio di ogni nerd che si rispetti che è l'I-Pad. Per uno che non è un grande fan dell'elettronica, questo lavoro ipersperimentale risulta (s)oggettivamente indigesto: è un divertissement che può trovare riscontro tra gli electro-fan e quelli che hanno accolto i Gorillaz come una benedizione. Tutti gli altri che sperano che la recente reunion dei Blur porti ad un nuovo album, perdonano, ascoltano e sorvolano. Voto NG


Iron & Wine - Kiss Each Other Clean: che bravo che è Samuel Beam. Non contento di essere un maestro del folk contemporaneo, e di aprire il disco sparando 3 gioielli pop in rapida sequenza (Tree By River è veramente una perla), piazza poi la sinuosa Monkeys Uptown che strizza l'occhio alla black music (si ripeterà poi in Big Burned Hand). E, pur non rinnegando le origini, vedasi Half Moon, l'uomo dietro la sigla Iron & Wine si mostra aperto a contaminazioni, distorsioni e divagazioni che rendono piacevole e originale l'ascolto (poderosi sono i 7 minuti di Your Fake Name Is Good Enough For Me o i 5.32 di Rabbit Will Run). Godless Brother In Love, invece, vi restituirà il Samuel Beam intimo, tenero e soave che avete sempre amato. Voto 8+


Verdena - Wow: 3 anni di buio e ritornano con un disco doppio: 27 canzoni per soddisfare l'ingordigia di quei fan che troppo a lungo hanno atteso. Ma ne è valsa la pena. I Verdena, ad oggi, sono tra le punte del rock italiano, insieme ad Afterhours, Teatro Degli Orrori e Baustelle (sì, confermo, i Baustelle). Il lato A di Wow parte bene con la beatlesiana Scegli Me, seguita dalla più selvaggia Loniterp (anagramma di Interpol, omaggio riuscito) e conduce con piglio, fascino e passione alle due parti di Sorriso In Spiaggia. Nel mezzo, Alberto Ferrari & co. piazzano il delirante singolo Razzi Arpia Inferno E Fiamme, la strumentale Adoratorio, l'altro omaggio Miglioramento (questa volta alla psichedelia in salsa MGMT), concedendosi vezzi doowap inattesi ne Il Nulla Di O, senza rinunciare alle deflagrazioni tipiche del gruppo bergamasco, come in Lui Gareggia.
Poi tocca al lato B, che si apre con la furia di Attonito e, non contento, piazza sperimentazioni folli come A Capello, strizzate d'occhio al pop come Canzone Ostinata e pezzoni come il trittico Badea Blues-Nuova Luce-Grattacielo. Cala un po' il finale, ma, dopo tanto silenzio, sono 27 folate di aria fresca per il rock made in Italy. Voto 8


White Lies - Ritual: mi tocca andare contro la stampa specializzata. E 'sticazzi, aggiungerei. Non mi hanno mai convinto; tra gli scimmiottatori dei Joy Division, si distinguono per esserlo nel modo più sfacciato possibile, quasi fastidioso. In questo disco ammiccano meno a ritmi da potenziale dancefloor e si fanno pure un po' ridondanti, rendendo pesantissime 10 canzoni per quasi un'ora di ascolto. Mah, troppa fuffa, secondo me. Voto 5-



My Chemical Romance - Danger Days/The True Lives Of The Fabulous Killjoys: cazzo, ce l'ho fatta. Sono riuscito ad arrivare all'ultima traccia! Moscio, irritante, senza guizzi, stupidamente tamarro in alcuni passaggi (dove echeggiano nientemeno che i Black Eyed Peas di I Gotta Feeling), dimenticabilissimo in tutti gli altri. E attenzione, nessun pregiudizio contro i responsabili morali della moda emo (che sembra stia coagulando, per fortuna); a me il disco con I'm Not Okay aveva divertito parecchio, e persino The Black Parade aveva qualcosa di salvabile. Ma questo è buono se avete qualche tavolo traballante e avete finito i libri di Moccia come supporto. Voto 2

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