giovedì 12 agosto 2010

Viajar



Considerazioni varie e in ordine sparso di ritorno dal Portogallo e con gli Arcade Fire in sottofondo.
Troppe chiese in terra lusitana. Davvero, per quanto possa apprezzare la validità artistica del monumento in alcuni casi, alla quarta-quinta igreja in un giorno comincio ad avere un filo di orticaria. Aggiungeteci che prendendo il taxi appena arrivati a Lisbona, mi sono dovuto sorbire una disamina del tassista, armato di megacrocifisso pendente dallo specchietto retrovisore, sulle vere origini di Sant'Antonio ("No Padova, Sant'Antonio Lisboaaa!").
Non contento, mi sono sobbarcato anche una "piacevole" gita a Fatima dove, pur avendo provato un misto di paura e incredulità, armato di curiosità pseudopsichiatrica, ho osservato con attenzione il mega esperimento sociale che avevo di fronte: non sono credente, capisco che avere una fede è qualcosa di personale, spirituale. Intimo, in una parola. Sarà un mio difetto, ma non vedo il senso nel fare 2 km in ginocchio (con le ginocchiere, poi) perchè solo così Dio ti ascolta. MAH.
Chiusa la parentesi mistica, la lingua è forse uno dei più brutti idiomi di questo pianeta. Cacofonico, incomprensibile all'ascolto (leggendolo è quasi italiano) e con la curiosa capacità di far sembrare un pirla chiunque parli in portoghese. Anche Mourinho.
Capitolo donne: in 8 giorni non sono riuscito a capire quale sia il prototipo di donna lusitana. Riassumerei le mie osservazioni in 4 categorie: versioni aggiornate e moderne delle idole della fertilità di epoca primitiva, prototipi femminili di Graziello della Gialappa's, modelle travestite da turiste anglo-americane e Adriane Lima in erba.
In conclusione, la Spagna resta finora il top del panorama femmineo urbano.
Dal maschilismo imperante, passiamo a valutazioni più generali: Lisbona mi è piaciuta ma non troppo. Nella mia concezione di vacanza, l'obiettivo è vedere un luogo quanto più diverso dalla città in cui vivo per 350 giorni l'anno, osservarne usi, costumi, comparare ways of thinking.
Ecco, sotto quest'aspetto, Lisbona è una fotocopia di Palermo. In maniera impressionante, per alcuni aspetti. Anche come urbanistica, il centro storico non è molto diverso dai dintorni di corso Vittorio Emanuele e via Roma. Ci sono le viuzze con locali tipo i Candelai (ma senza gli aggaddi tra tamarri), c'è la versione portoghese di Mondello (Cascais, veramente bella, anche perchè è pur sempre dell'Atlantico che stiamo parlando), la "controparte" lusitana di San Martino Delle Scale (Sintra, classico centro minuscolo che fa impazzire i turisti ma che mi ha lasciato freddino), e l'indolenza dei lisboniani-lisbonesi-lisbonici non è molto diversa da quella che contraddistingue noi palermitani.

Il bambino che è in me ha amato alla follia lo zoo e l'acquario, ovviamente. E non menatemela col principio del vero amante degli animali che li vuole liberi. Sì, ok, avete ragione, ma io per vedere una creatura così non ci penserei due volte a violentare le mie convinzione animaliste.
Poi torno in Italia, leggo (e godo) della guerra Berlusconi-Fini, cerco di essere ottimista con la nuova Nazionale di Cassano e Balotelli, e assaporo la sconfinata libertà di una casa interamente a propria disposizione.
A proposito, ora di pranzo. Mi tocca cucinare.
Sono l'uomo di casa.
Adieu.

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