mercoledì 29 dicembre 2010

(I Would) Like A Hurricane



Bella giornata di merda che è oggi. Cielo grigio anonimo, freddo pungente ma non da assideramento, raffreddore e mal di testa fedeli compagni di un risveglio troppo precoce, troppo violento.
E così sono qua, davanti a questa pagina ad ingannare un'altra ora di questo 2010. Scampoli di 2010.
Si prospetta, come da tradizione, un altro capodanno all'insegna della noia (e chi si annoia a capodanno...), in barba al conformismo del divertirsi per forza, del sorridere a denti stretti, o con rabbia, per mandare affanculo un altro anno di merda, o semplicemente insignificante.
Cosa mi resta di questo 2010? Poco, molto poco.
Qualche risata, qualche amicizia, pochi legami veri, niente che faccia palpitare il cuore e mi sottragga da questa stasi.
Sono quei momenti in cui il narcisismo dell'anticonformista (o del presunto tale, o dello sfigato, fate voi) lascia il posto all'invidia per l'uomo medio: quello che tra 72 ore circa berrà champagne, mangerà cotechino e lenticchie, ballerà alla facciaccia nostra (o vostra, rifate voi) ricordandoci che, forse forse, alla fine della fiera, il vero furbo è lui, che si diverte, e anche se ha avuto un anno un po' così, il 31 vuole fare baldoria, perchè lui è più forte.
Io nel frattempo lo fisso, immobile, come sono stato per quasi tutti questi 12 mesi, sperando in quella folata di vento così brusca da farmi vacillare, ma niente: giusto un paio di millimetrici spostamenti dei piedi per riprendere l'equilibrio.
Tempo di propositi, ma non ne faccio, tanto non li rispetto. Prendetela come una forma di scaramanzia.
Speranze? Quelle sì, ne ho. Ma non mi va di entrare nel dettaglio; preferisco racchiuderle sotto la voce 'pace interiore', che comprende tutto e niente, e per questo è la più esaustiva possibile.
Faccio una doccia, và.
Ai lettori (e visitatori anche solo per un clic sbagliato), auguro un buon 2011, e che sia davvero un buon anno. Viceversa, ci si rivede qui tra 12 mesi, e vada a farsi fottere quel coglione che balla come un disperato l'ultima hit di Lady Gaga e ha una lenticchia nei capelli.
L'hipster è tornato.


The National - Bloodbuzz Ohio




See you, Space Cowboys....

lunedì 20 dicembre 2010

Dischi Del 2010



Niente Dischi Del Mese, stavolta, ma, dato che va di moda in questo periodo, una sana top ten dei migliori album di quest'anno.

E quindi...


10. Kanye West - My Beautiful Dark Twisted Fantasy
9. Sufjan Stevens - Age of Adz
8. Grinderman - Grinderman 2
7. The National - High Violet
6. Danger Mouse & Sparklehorse - Dark Night Of The Soul
5. Klaxons - Surfing The Void
4.
MGMT - Congratulations
3. Arcade Fire - The Suburbs
2.
Vampire Weekend - Contra
1.
Sufjan Stevens - All Delighted People

Note a margine:
Sufjan Stevens è un genio assoluto.

The Suburbs è un buon album, ma non da 9 come leggo un po' ovunque.
Devo ammettere che il disco di Kanye West è veramente ben fatto.
MGMT e Klaxons sono stati ingiustamente snobbati.
Nick Cave quasi quasi lo preferisco nei Grinderman.
RIP Mark Linkous AKA Sparklehorse

E giusto per non essere tacciato di esterofilia estrema, ecco una top five di dischi italiani del 2010

5. Malika Ayane - Grovigli
4.
Beatrice Antolini - BIOY
3.
The Niro - Best Wishes
2.
One Dimensional Man - The Box
1. Baustelle - I Mistici Dell'Occidente

(ok, su un paio di posizioni italiane ho barato spudoratamente ma vabbè..)


E buon Natale a tutti!

mercoledì 15 dicembre 2010

Scilipoti Christmas Sale






Si può abolire dall'uso corrente la parola "onorevole" riferita a questa massa di cialtroni, please?

martedì 14 dicembre 2010

Dexter - Stagione 5


Eravamo rimasti a uno dei finali più disturbanti che mi sia mai capitato di vedere, con il bagno di sangue di Rita, esanime nella vasca, e le urla strazianti del piccolo Harrison, sotto gli occhi sperduti di Dexter.
La quinta stagione riprende esattamente da quel punto, mostrandoci lo smarrimento e il disagio di un uomo (ormai non più freddo e insensibile come nelle prime 2 stagioni) che in fondo aveva iniziato quella relazione come copertura per il suo particolare hobby, salvo poi scoprire nel tempo che forse Rita era qualcosa di più di un alibi.
I primi episodi servono sia a noi che a Dexter per cercare di rimettere a fuoco la situazione post-perdita, tra figli, lavoro e un omicidio per svago, Boyd Fowler.
Il rituale che porta questo addetto alla rimozione delle carcasse degli animali sul tavolo del nostro serial killer preferito nasconde però una sorpresa: una donna in soffitta, Lumen.
Da qui (siamo intorno al quarto episodio), inizia il rapporto centrale di questa quinta stagione: una sorta di sindrome di Stoccolma più complessa e sfaccettata.
Dopo un'iniziale fase di diffidenza reciproca, infatti, Dexter scopre in Lumen una possibilità di redenzione per la morte di Rita, decidendo di aiutare la ragazza nell'eliminazione dei suoi aguzzini, guidati dal guru Jordan Chase (un Jonny Lee Miller seduttivo e inquietante al tempo stesso).
Catarsi e vendetta in un intreccio di complicità che tanto si avvicina all'amore e che autori e attori hanno il merito di rendere credibile, per nulla banale, e perfino romantico.
L'alchimia che si crea tra Michael C.Hall e Julia Stiles è eccellente, candida e allo stesso tempo perversa, di reciproco bisogno e sostegno, efferata e risoluta nell'uccisione della gang di stupratori.
Se si temeva un tracollo, in termini di suspense, con la dipartita di quel gigante che nella quarta stagione è stato John Lithgow (non a caso premiato con un Golden Globe), una volta ingranata, anche questa quinta non delude in termini di tensione e ansia.
Anche perchè i pericoli non vengono solo da Jordan Chase & friends.
Quinn, infatti, dubbioso su come mai Trinity avesse scelto proprio Rita, recluta l'ex poliziotto Stan Liddy (anche qui, bravissimo Peter Weller) per indagare su Dexter e scoprire eventuali connessioni con il killer della stagione precedente.
Arrivato più volte a un passo dal tassello mancante per il completamento del puzzle, Quinn finisce per desistere, visto il crescente sentimento per Debra.
Proprio quest'ultima risulta il character più rafforzato da questi 12 episodi.
Almeno questa volta, infatti, la liason sentimentale stagionale non risulta essere l'unico elemento interessante (da un punto di vista narrativo) per il personaggio interpretato da Jennifer Carpenter: Debra ormai è una donna forte (te credo, ne ha passate di tutte), con un fiuto superiore alla media del suo dipartimento (non che ci voglia molto, ma vabbè..) e che intrattiene dei dialoghi "etico-morali"molto significativi nell'ottica del futuro smascheramento del fratello.
A questo proposito, non si può non fare riferimento all'episodio finale (appena visto).
Il velo di Maya non è stato squarciato, Debra ha salvato la coppia di vigilanti; empatia con Lumen, empatia con il concetto di coppia, fate voi. Sta di fatto che il momento, che il trailer furbescamente lasciava presagire fosse arrivato, è rimandato.
La questione Quinn-Liddy viene risolta un po' troppo semplicisticamente ma il sospetto è che continuerà a tenere banco l'anno prossimo.
Per il resto, il finale ha un vago sapore di happy end (e questo un po' mi dispiace), nonostante sostanzialmente Dexter torni da solo e lo sguardo con cui si conclude l'episodio esprime tutto fuorchè una volontà di redenzione.
Una stagione canonica, insomma, direi quasi lineare: la storia accelera intorno al quarto episodio, la climax sale in maniera vertiginosa fino all'ultimo dove, anche per questa volta, gli eventi si risolvono al minuto 30 circa, lasciando gli ultimi 20 a riflessioni e trame secondarie.
Il senso di reset dell'ultimo episodio fa storcere il naso a quanti (più o meno tutti, visto che siamo alla quinta stagione e sarebbe anche ora) speravamo in un evento che segnasse definitivamente Dexter, mettendolo a dura prova in previsione della sesta ed ultima stagione.


Voto 7-

lunedì 13 dicembre 2010

Popcorn: The Town




Avendo dei seri problemi con le introduzioni dei post, mi viene in mente il video di Jennifer Lopez dove, tra una chiappa e l'altra, si vede lei intenta a rosolarsi al sole sul suo yacht con il fidanzato di allora (Ben Affleck) che fanculizza il finto paparazzo del videoclip.
Che tamarrata.
Ecco, più o meno da allora, Ben Affleck mi ha fatto un'antipatia che sarebbe più facile assimilare all'orticaria.
Un'allergia, irrazionale, inevitabile e scatenata al minimo contatto.
Al contrario, l'amichetto di infanzia, Matt Damon, mi è sempre stato simpatico, vuoi per la faccia un po' da fesso, vuoi perchè più o meno tutti i suoi film che ho visto mi sono piaciuti. (ok, a parte Syriana che mi ha fatto sbavare mentre dormivo ma vabbè...)
Eppure questo "The Town", scritto, diretto e interpretato da Ben Affleck m'è garbato parecchio.
Intendiamoci, niente di sconvolgente; qualche luogo comune qua e là (specie sulla comunità irish di Boston), alcuni immancabili stereotipi (il poliziotto tutto d'un pezzo, il boss fioraio, la lacrimosa bionda, fatta, e con figlio a carico) ma un heist movie solido, divertente e con tutti i crismi del buon film.
Non so se è il mio sistema immunitario a parlare ma, recitazione monoespressiva di Affleck a parte, il cast non è affatto male.
Jeremy Renner sembra ormai abbonato al ruolo dell'adrenalino-dipendente ma ha il merito di non rendere banale o grottesco il clichè del gangster incazzoso (e la sua scena madre è veramente notevole).
Jon Hamm è bravo ed essenziale nel proporre un federale realistico e credibile, nè troppo fesso, nè troppo furbo.
Infine, due parole su Rebecca Hall, il cui personaggio non mi convince appieno (soprattutto per l'innamoramento repentino), anche se forse il difetto è più da imputare alla sceneggiatura che non all'attrice e Blake Lively cui tocca il sopracitato ruolo della pupa piagnona e drogata; e lo fa bene.
Per il resto, Affleck ci sa fare (ebbene sì). La vicenda scorre che è un piacere, le scene d'azione sono veramente ben fatte, c'è un sapiente dosaggio di sentimenti ed emozioni ed i personaggi hanno il giusto pathos per rimanere impressi nella mente dello spettatore.
Le strizzate d'occhio al cinema di Michael Mann sono più che evidenti, ma dove sta scritto che questo è un difetto?


Voto 7+

venerdì 10 dicembre 2010

The Walking Dead 1x06: "TS-19"





Qualche giorno fa avevo letto una news riguardo a un repulisti di autori ordinato da Frank Darabont, in previsione della seconda stagione di The Walking Dead.
A vedere questo season finale, è difficile non dargli torto (certo, lui è lo showrunner, quindi le colpe andrebbero equamente divise), perchè questo TS-19, più che un degno capitolo conclusivo di una ministagione di soli 6 episodi, pare essere un episodio filler di una serie di 25.
Con ordine.
Eravamo rimasti al gruppo che veniva accolto dal reticente scienziato del CDC nella struttura, rimasta ormai vuota. Dopo una doccia, una cena con molto vino e una spiegazione non-spiegazione sull'origine dell'epidemia (utile solo a chiarire che il Test Subject 19 altri non è se non la moglie di Jenner), veniamo a sapere che quando in un centro di controllo per il bioterrorismo finisce la corrente elettrica, un sistema di autodifesa garantisce la decontaminazione perfetta dell'ambiente nell'unico, migliore, modo possibile: una megaesplosione. (dalla quale si salveranno tutti tranne lo stesso Jenner e la tizia di colore che lavorava al catasto, bye bye, we'll miss you)
Sorvolando su questa premessa, già di per sè risibile, il risultato finale è il confezionamento di un episodio totalmente estraneo per atmosfere e sviluppo narrativo ai 5 precedenti.
Come definire se non "azzardo" ambientare un'intera puntata (perdipiù l'ultima della prima stagione) in uno scenario totalmente diverso da quello a cui lentamente ci si stava abituando e soprattutto senza mostrare neanche uno zombie in 47 minuti?
E poi, quanto perde in impatto emotivo la morte di un membro del gruppo di superstiti se precedentemente non ci si è minimamente interessati ad approfondirlo? (in qualsiasi forum, blog, stato di facebook, noto che il nome della tipa di colore che decide di rimanere e farsi saltare in aria è praticamente sconosciuto)
L'episodio paga una eccessiva stilizzazione nella caratterizzazione dei personaggi (ma questa è una pecca che The Walking Dead si porta sul groppone dal secondo episodio), facendo ripercuotere questa scelta sulle scene, in teoria, presupposte a far maggiormente breccia nell'animo e nella mente dello spettatore.
Lo stesso Rick, di cui non conosco la controparte fumettistica, in 6 puntate appare eccessivamente modellato sul fenotipo del cavaliere senza macchia e senza paura, sempre a parlare di "speranza e del buono che c'è in ognuno di noi e bla bla bla". Nonostante la sceneggiata napoletana del "mi faccio saltare in aria"-"no dai, vieni"-"no resto qua"-"allora resto pure io"-"allora andiamocene", Andrea rimane il personaggio meglio tratteggiato e più convincente nella sua umanità fatta di disperazione e risoluzione. Se poi ci aggiungiamo che di walking deads, in questo season finale, se ne vedono 3 negli ultimi 20 secondi, la delusione aumenta.
Nella seconda stagione, Shane promette di essere più scheggia impazzita di quanto non lasciasse presagire Daryl Dixon, sperando che le nuove penne reclutate da Darabont facciano un lavoro migliore. Intanto i "Days Gone By" sembrano veramente andati e lontani.


Voto 5


PS: In conclusione, non ci resta che confidare nella AMC per il prossimo anno, sperando che la climax discendente (qualitativa e narrativa), che ha caratterizzato la prima stagione di The Walking Dead, non diventi una peculiarità di questa serie. E basta season finale con esplosioni!! Cinque stagioni di Lost non hanno insegnato proprio nulla?

giovedì 9 dicembre 2010

Prospettiva Nevskij



Mettere a fuoco il punto. Quello è il punto.
Oggi mentre guidavo e ascoltavo musica alla radio, si è infiltrato un pensiero nella mia mente, allargandosi a macchia d'olio tra sinapsi e neuroni.
Mi piacerebbe essere una di quelle persone che alla vista di un panorama si lasciano abbagliare da quello che c'è e che si impone alla loro vista, anzichè acuire lo sguardo in cerca di imperfezioni e buchi neri, contenenti chissà quale galassia.
In fondo, è tutta una questione di prospettiva.

giovedì 2 dicembre 2010

The Walking Dead 1x05: "Wildfire"


Dopo l'assalto del precedente episodio, il gruppo si trova a dover fare piazza pulita di Walkers e vittime con Daryl che propone un bel falò collettivo e Glenn che si oppone richiedendo una degna sepoltura per chi è morto per mano degli zombies. Toccante e per nulla patetica (merito di Laurie Holden) la veglia di Andrea sul corpo della martoriata sorella e il "Ti voglio bene" pronunciato due secondi prima che la rediviva Amy cercasse di morderla, salvo beccarsi una pallottola nel cranio. Non meno triste, e altrettanto ben reso, risulta l'abbandono di Jim, morso al torace durante l'assedio e ormai prossimo anch'egli alla trasformazione.
L'ottima prima parte dell'episodio è completata da un'escursione di Rick e Shane dove quest'ultimo libera per un attimo la rabbia repressa nei confronti del (presunto) migliore amico, quasi cedendo alla tentazione di sparargli di nascosto nel bosco.
Nella seconda parte, invece, l'attenzione si sposta su uno scienziato alle prese con la solitudine e gli effetti dell'alcol, unico abitante del centro del CDC, verso cui Rick e compagni sono diretti.
Per quanto questo nuovo personaggio appaia un po' bidimensionale, l'episodio scorre bene; meglio che in "Tell It To The Frogs", l'approfondimento psicologico dei superstiti risulta meno scontato e più carico di pathos. La già citata scena di Andrea ed Amy è finora uno dei momenti di maggiore splendore della serie, per l'impatto e l'enorme tristezza nel vedere i primi respiri ansimanti della sorella appena diventata un Walker.
A mio parere, miglior episodio insieme al pilot, finora: finalmente un'ottima combinazione di tecnica e pathos, un po' latitante fino a questo momento.
Aspettiamo il finale di stagione per una valutazione definitiva.



Voto 8