mercoledì 23 febbraio 2011

Dischi Del Mese: Febbraio '11




Sarà l'aria di San Valentino, ma le recensioni di questo mese vanno sul femminil-romantico, in attesa di marzo con le iperattese uscite di Strokes (e già il singolo-assaggio promette più che bene), Radiohead e R.E.M.
E quindi, pervasi dai cuoricini e dalle frasi da Baci Perugina, e ammaliati (almeno io, di sicuro) dalla foto di Anna Calvi, qui sopra, vediamo un po' che roba è uscita questo mese.


PJ Harvey - Let England Shake: prendendo alla lettera il titolo del disco, Polly Jean la vuole proprio scuotere l'Inghilterra e piazza un terzetto d'apertura tosto e diretto ("The Last Living Rose" è proprio bella); poi si dilata, si rilassa, tra ballads ed echi folkeggianti classici. Un esercizio di stile piacevole e per nulla trito e ridondante. Voglio dire, è sempre PJ Harvey, mica cazzi. Voto 7+

Jovanotti - Ora: c'è poco da fare, è uno dei pochi artisti pop italiani a mettere d'accordo i critici snob e i fan adoranti. Il progetto è ambizioso: 25 pezzi dove prevale l'intento danzereccio, senza dimenticare il power pop, che tanta fortuna gli ha portato con gli ultimi 2 dischi, e i momenti più intimisti da pseudochansonnier (che personalmente odio, perchè è dove si avverte di più un retrogusto di smielata retorica da 4 soldi). Ma con il brano che dà il titolo al disco, "Il più grande spettacolo..", e qualche altro pezzo carino, Lorenzo porta a casa un altro buon disco pop, allegro e rilassante. Nessuna pretesa, solo semplice divertimento. E se proprio vi sta sul cazzo la sua S di pezza, andatevene da Vasco e ascoltatevi "Eh già", primo singolo dell'album in uscita...quello sì che stimola l'evacuazione. Voto 6,5

Anna Calvi - S/T: è mezza italiana, ha una voce pazzesca, canta in inglese e non è Elisa. Sulla scia di Florence & The Machine, l'ugola è sinuosa e raffinata, con un gusto particolare per la teatralità, sorretta da brani che le rendono degna giustizia ("Suzanne and I", ascoltate per credere), alternando ritmi più sostenuti ad atmosfere più sognanti e soffuse, alla David Lynch; il risultato è ottimo in entrambi i casi, la speranza è che non si faccia abbagliare come Florence dal successo, lanciandosi in collaborazioni di dubbio gusto con 'sti cazzo di rapper. Voto 7,5

Mogwai - Hardcore Will Never Die But You Will: partendo dalla premessa che il titolo è geniale, è difficile recensire un disco di post-rock. Al pari dei Godspeed You Black Emperor e degli Explosions In The Sky, molto dell'apprezzamento dei loro lavori dipende dallo stato d'animo dell'ascoltatore; così quest'ultimo dei Mogwai mi è un po' scivolato addosso, salvo un paio di momenti in "Death Rays" e in "San Pedro", ma forse è colpa mia. A me piace la pizza, tantissimo, ma magari oggi non ne avevo molta voglia. Voto 6

James Blake - S/T: bisogna affrontare i propri demoni e, a dispetto dell'antipatia per l'elettronica, provarci. Chiaramente non mi si può chiedere obiettività, dato che è assodato che io e questo genere non andiamo granchè d'accordo. Purtuttavia, e in barba al quasi unanime consenso dei critici di tutto il mondo, per me, questo disco è una lagna. Dove finiscono i dilatatissimi sperimentalismi di mixer e suoni caramellosi, iniziano lunghi e strazianti lamenti sull'ammmore. Salvo "Unluck", ingannevole antipasto, "Limit To Your Love", pur preferendo la versione originale di Feist, e la conclusiva "Measurements", ma ripeto, non sono attendibile. Voto 5,5

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