martedì 23 agosto 2011

SetteDischi




Il concerto di Battiato (splendido, prima o poi ci scriverò qualcosa su) è ormai alle spalle e non mi pare siano uscite cose grosse in ambito musicale, in questo assolato e rilassante agosto.
Quindi, direi che è il momento ideale per mettere in pausa i 'Dischi del Mese' e introdurre qualcosa di nuovo.
Che poi, in realtà, le top ten (in questo caso 7, non c'è un motivo valido sul perchè siano 7 e non 10..) sono una novità nei blog come lo sono i climatizzatori nelle macchine.
Ma una volta tanto, ci può stare vestire i panni del conformista.
E cominciamo dai dischi, và.
Però, intendiamoci subito, tutte le top 7 che seguiranno non vogliono essere scale di valutazione assolute: non sempre inserirò le cose che ritengo oggettivamente più belle, ma semplicemente ciò che più mi ha fatto vibrare le corde dell'anima, se mi passate l'espressione poetica.
Detto questo, se mai naufragassi in un'isola deserta, con botole sotterranee, mostri di fumo e periodici rifornimenti alimentari che piovono dal cielo, gradirei poter mettere sul giradischi questi 7 vinili, perchè di ascoltare Geronimo Jackson o Petula Clark ne avrei le palle piene già al secondo giorno di naufragio.


7- Bloc Party - Silent Alarm



6- Velvet Underground & Nico - S/T



5- Pink Floyd - The Dark Side Of The Moon



4- Bob Dylan - Highway 61 Revisited



3- The Clash - London Calling



2- Radiohead - OK Computer



1- Death Cab For Cutie - Transatlanticism



Senza dilungarmi troppo in spiegazioni/giustificazioni inutili, mancano molti gruppi che adoro (Rolling Stones, Police, Simon & Garfunkel, ma anche Sex Pistols, Nirvana, Beatles, Joy Division e sono solo i primi che mi vengono in mente..); mi sono basato sul valore affettivo/emotivo che ognuno di questi dischi porta con sè, essendo ciascuno legato a momenti diversi e "necessità" diverse (in termini di adeguati sottofondi musicali a determinati stati d'animo). Amo ognuno di questi dischi dalla prima all'ultima nota, dalla prima all'ultima traccia, fino a quando sopraggiunge il silenzio e la voglia di ascoltarlo daccapo è rimasta inalterata.
Forse stupirà la prima posizione di un gruppo scognito ai più, in mezzo a tanti mostri sacri, ma Transatlanticism (tutto il disco, non solo la favolosa canzone) è quanto di più vicino alla rappresentazione in musica del mio concetto di amore: malinconico, candido e sognatore, ma anche ruvido, caustico e fisico, allo stesso tempo.
Semplicemente perfetto.
Almeno per le mie corde.


Prossima puntata: SetteCanzoni.

giovedì 18 agosto 2011

Popcorn: Green Lantern



Un po' ovunque il povero Green Lantern è stato massacrato. Su Rotten Tomatoes arriva al 30% scarso, idem su Metacritic, dove i critici americani non ci sono andati leggeri, e gli italiani, per non essere da meno, si sono adeguati al trend stelle e strisce.
A me sembra, sinceramente, che questo film non sia molto diverso dal tanto osannato Iron Man (1 e 2): certo, c'è una sostanziale ed evidente differenza tra Robert Downey Jr. e Ryan Reynolds (che qualche espressione in più potrebbe degnarsi di impararla tra una session in palestra e uno sbiancamento dei denti); eppure, tanto lineari e fracassoni sono i due capitoli dedicati alla saga di Tony Stark esattamente come lineare e fracassone è questo Green Lantern.
Oltretutto, se è vero che Iron Man ha il suo punto di forza nell'attore, Lanterna Verde schiera dalla sua un regista vero (non un anonimo mestierante come Jon Favreau), e Martin Campbell fa il suo onesto e divertente lavoro confezionando un film, ok, prevedibile, ma godibile e scorrevole (per quanto qualche volta aleggi la sensazione di una certa fretta in cabina di montaggio), riducendo a 5 minuti scarsi le classiche (per non dire inevitabili) menate su "grandi poteri, grandi responsabilità e bla bla bla".
Il resto del cast non è malaccio con una Blake Lively vivace (e gnocca) nel ruolo del classico interesse amoroso dell'eroe (tra l'altro, sono gli unici momenti in cui Reynolds ha una parvenza di espressività...grazie figapower), un discreto Peter Sarsgard nei panni dello sfigato villain terrestre, un Mark Strong che ormai anche quando è buono sembra cattivo, e un Tim Robbins, per l'occasione, col pilota automatico.
Le tanto temute scene in CGI nel pianeta Oa sono meno peggio di quanto il trailer facesse presagire, anche se rimane comunque difficile entrare in empatia con personaggi palesemente "cartoon" come Kilowog, Tomar-Re e lo stesso villain, Parallax.
In definitiva, dura poco, non chiede molto, ha un paio di momenti divertenti e fa passare la serata.
Mica tutti i cinecomics possono essere come Il Cavaliere Oscuro, Watchmen o V Per Vendetta.



Voto 6-

domenica 14 agosto 2011

sabato 13 agosto 2011

London's Burning pt.2




E veniamo alle osservazioni meramente turistiche.
Per comodità (e per una buona dose di pigrizia mentale alle soglie del Ferragosto) semplifichiamo così.

COSA HO AMATO:

- i musei, in tutto e per tutto. Dal fatto che quelli fondamentali sono gratis (e National History Museum e British sono tappe obbligatorie, senza se e senza ma) , al fatto che, pur a fronte di un introito economico apparentemente minore, sono tenuti 100 volte meglio dei carissimi musei italiani (citofonare Bondi-Galan, please). Oltretutto il messaggio di promozione culturale che passa è di una potenza non indifferente

-la disponibilità, la calma, l'aplomb, lo stile di un popolo che riesce ad essere fiero delle proprie origini, tradizioni e radici (perchè le parate giornaliere del cambio della guardia vengono seguite dagli stessi inglesi come se fosse la prima volta), senza per questo scadere in uno pseudonazionalismo snob. Probabilmente, sono gli unici ad aver capito che il concetto di razza è obsoleto da almeno 20 anni (per me non ha mai avuto alcun valore, ma vabbè) e che la vera forza di una nazione è la multiculturalità e l'integrazione sociale.

-i parchi e tutto il microcosmo che rappresentano, oasi di pace in un contesto che, inevitabilmente, non può che essere caotico (Londra è la città più grande d'Europa)

-il wi-fi libero OVUNQUE. Come detto sopra, altra civiltà.

-il fattore F: mi limito a citare un barista italiano beccato casualmente in un locale: "Sono qui da 4 giorni e mi sono innamorato almeno 20 volte! Come devo fare!?" Non vado da molto tempo in Spagna, ma, in Inghilterra, credo di poter affermare, con un minimo margine di errore, di aver visto le ragazze più belle d'Europa: eleganti, sensuali (e quasi mai volgari) e raffinate. Finora il top.

-Soho e Piccadilly Circus: semplicemente la zona più bella della città, con i suoi mille teatri, le stradine piene di negozietti e quell'aria da Swinging London che è ancora possibile respirare. Se siete avidi consumatori di musica, consiglio Berwick Street, sempre a Soho; troverete in rapida successione una serie di music shop fornitissimi ed a prezzi convenientissimi, sia per vinili che per cd (ovviamente, io ho prontamente provveduto a saccheggiarli).

-la metropolitana. Ma questo vale solo se siete anche voi grandi fan delle atmosfere urbane.

-il cibo. Non credete a chi dice che a Londra si mangia male. Entrate in un pub, uno qualsiasi, e ne uscirete sazi e contenti, e perdipiù dopo aver pagato una cifra onesta. Non vi infognate nelle ricerche di ristoranti italiani (che su 10 che ne incontrate, al massimo solo 2 lo sono realmente) e non vi azzardate a provare vietnamiti, indiani, cinesi e quant'altro: ne uscireste con il portafogli più leggero e lo stomaco più pesante.

-la vita notturna. Inutile dire che vengono accontentati tutti i gusti e che le possibilità sono pressochè infinite.

COSA HO ODIATO:

-Harrod's e dintorni. Come detto nel post precedente, rappresentano l'opulenza e lo spreco portati all'eccesso. E' una sorta di paese dei balocchi più volgare e meno divertente, ma che va visto, se non altro per saperne parlare.

-le distanze iperboliche; ma basta armarsi di buona pazienza e buone gambe, per quello.

-Oxford Street, che è la classica zona turistica senza nè arte nè parte, uguale in qualsiasi città, piena dei soliti negozi che trovi ovunque.

-il culto che aleggia intorno a William e Kate (a Buckingham Palace, nella sala più grande, oltre all'abito è esposta la torta nuziale, tenuta in una apposita cella frigorifera...)

-il clima ballerino, per quanto, in 10 giorni, abbia beccato una sola giornata di piena pioggia. Anzi mi è andata bene

-le rotture di palle della Ryanair sull'annosa questione del bagaglio a mano.

-tornare a casa.

STRANEZZE VARIE:

- Tiziano Crudeli (per chi non lo conoscesse, un telecronista tifoso del Milan che farebbe sembrare Carlo Pellegatti un commentatore equilibrato), non si sa come nè perchè, è il principale testimonial di una delle più note agenzie di scommesse inglesi. Se non ci credete, andate su Ladbrokes.com e guardate chi è lo scemo con le cuffie che campeggia sulla pagina principale.

-a Westminster Abbey, ogni 30 minuti, un prete sale sul pulpito e recita una preghiera di 60 secondi, durante la quale, tutta la Chiesa deve osservare un rigoroso silenzio (persino gli impiegati alla biglietteria smettono di darti corda).

-al Tate Modern, troverete l'opera di Umberto Boccioni "Forme uniche della continuità nello spazio", il retro dei nostri 20 centesimi, per chi si fosse mai chiesto cosa fosse.


-ho finalmente collaudato Kentucky Fried Chicken e non ne sono andato pazzo. Considerata la mia passione per il pollo, entra a pieno titolo nella categoria 'stranezze'.

Non mi viene in mente altro. Concerto di Battiato stasera, passo e chiudo.


giovedì 11 agosto 2011

London's Burning pt.1


E si ritorna a Palermo, alla fine.
Il viaggio che sognavo da almeno 8 anni non ha deluso le aspettative (una volta tanto) e Londra balza in vetta alla classifica delle mie città ideali, scalzando Berlino e Parigi, in attesa di visitare Stati Uniti, Australia, Giappone e Islanda, nelle estati a venire.
Prima di dare libero sfogo alle mie impressioni di turista-visitatore (nella parte 2), due parole sulle rivolte degli ultimi giorni (che fortunatamente non ho avuto modo di vivere in prima persona, essendo ripartito subito dopo la prima notte di scontri a Tottenham).
Cominciamo dall'aereo, per darvi un'idea.
E' il 30 luglio e sono seduto sul primo posto che mi ispira simpatia e comodità del volo Ryanair delle 12.20 in partenza da Palermo, e nei 4 posti contigui al mio siede una perfetta, tipica, famiglia inglese. Dopo il decollo e il raggiungimento della quota di traversata, è possibile utilizzare gli apparecchi elettronici (il mio divertissement di volo è American Gods di Neil Gaiman, per inciso) e il più piccolo membro della famiglia di cui sopra alterna in poco più di mezz'ora un Nintendo 3DS, un IPad-2 ed un I-Phone.
E badate bene, non parlo dei gadget tecnologici del padre, del fratello maggiore o della madre, no. Sono tutti suoi, e i restanti membri della famiglia non sono da meno tra Kindle, I-Pod e tablet vari.
Ora, se è vero che i primi scontri sono scoppiati in risposta ad un (pare) omicidio spicciolo di un contestatore da parte delle forze dell'ordine (sto semplificando, eh; lungi da me sparare giudizi random), è anche vero che da lì in poi, ad attirare principalmente l'attenzione di opinione pubblica e media sia stato l'assalto ai negozi e ai grandi magazzini presi d'assedio e dati alle fiamme in piena anarchia.
Non a caso, le immagini più impressionanti mostrano tutte come la caccia al bene di consumo (che non è mai bene primario, ma oggetto ludico o ornamentale) non abbia limiti o freni di alcun tipo: il ragazzo colpito alla testa e letteralmente saccheggiato è difficile da dimenticare.
D'altro canto, io da Harrods ci sono entrato. E ne sono uscito con una forte sensazione di nausea per quanto fastidiosamente opulento, pacchiano e di cattivo gusto l'abbia trovato.
E il limitrofo Harvey Nichols non pensate che sia da meno. (una t-shirt 155 sterline)
Non bisogna essere chissà quanto sgamati per capire che se per le vie del centro non c'è neanche uno zingaro a chiederti gli spiccioli, non significa che a Londra stiano tutti bene e possano permettersi di sganciare quasi 200 sterline per una maglietta.
Ciò non toglie che la si possa desiderare.
Così come l'I-Phone, la borsa Vuitton, le scarpe Gucci, la Ferrari, la Lamborghini e quant'altro.
Il morto del primo giorno, in sostanza, è stato un pretesto per rendere cosciente e furiosamente manifesto un inconscio desiderio di possesso e di lusso, a fronte di una disuguaglianza sociale spaventosa.
Non serve andare a Londra, per capirlo; basta scendere in centro a Palermo e vedere l'ultimo dei posteggiatori, armato di smartphone e occhiali da almeno 100 euro, che si incazza perchè gli lasci 50 centesimi anzichè un euro.
Pubblicità idiote a parte, il lusso sta realmente passando da fattore eccezionale (e opzionale) a diritto, cui tutti vogliono/devono accedere.
A qualsiasi costo.





giovedì 4 agosto 2011

Popcorn: Super


Partendo dal presupposto che per chi vi scrive James Gunn è un mezzo genio, Super è un'altra variazione sul tema del supereroe improvvisato che alberga in ognuno di noi, dopo il divertente Kick-Ass di Matthew Vaughn.
E se il limone non sembra essere spremuto del tutto, il merito è del regista-sceneggiatore che partorisce una commedia nera (stavolta non c'è una base fumettistica), capace di alternare con folle maestria battute di basso/bassissimo livello (e ovviamente esilaranti) a momenti più drammatici e riflessivi.
Si ride parecchio mentre il timido Frank (un ottimo Rainn Wilson) decide di indossare i panni di Crimson Bolt e riconquistare la moglie (Liv Tyler, sempre strafiga), finita nelle grinfie di un eccentrico boss della mala, interpretato da un sempre più gigione Kevin Bacon.
Armato di una sola chiave inglese e ispirandosi alle gesta dell'esilarante Holy Avenger televisivo (Nathan Fillion, sei un genio), redentore di ragazzini interessati al sadomaso e ai video su Youporn, Frank inizia la sua lotta senza quartiere e senza pietà contro criminali, spacciatori, pedofili e furbi nelle code al cinema.
Merita, inoltre, una menzione speciale la divertentissima e logorroica Ellen Page, nel ruolo di una svitata commessa in fumetteria che istruisce il protagonista per poi affiancarlo come aiutante, nei panni di Boltie.
Al netto di un cast affiatato e azzeccatissimo, Gunn si conferma un geniale bastardo per come ti conduca sul suo ottovolante fatto di umorismo slapstick e risate fragorose, per poi sferrarti un micidiale e inatteso pugno allo stomaco così forte da lasciarti senza fiato.
Non contento, chiosa il tutto con un finale splendidamente poetico, capace di insinuarsi nella testa e nel cuore.
Straconsigliato.



Voto 8