mercoledì 12 ottobre 2011

Popcorn: The Girlfriend Experience



Di Steven Soderbergh dicono tutti che è antipatico.
Tutti, persino il tuo vicino di casa che non ha mai visto un film al cinema, se non Vacanze di Natale '99.
Non appena ne pronunci il nome la prima reazione oscilla tra "Marò, che uomo odioso!", "Si sente figo perchè è amico di Clooney", e "Fa tutto il sofisticato ma sotto sotto è scarso"
Ora, io il povero Soderbergh non l'ho mai incontrato di persona; visto da lontano, non mi sembra proprio un fine umorista, ma magari mi sbaglio ed è il più bravo barzellettiere-cabarettista del mondo dopo l'Invincibile (cosa che, in realtà, lo farebbe rientrare a pieno titolo nella categoria 'antipatici', ma vabbè..).
Fatto sta che finora ho apprezzato abbastanza quei pochi suoi film che mi è capitato di vedere; dal criticatissimo remake di Solaris (che è sputtanato un po' ovunque, ma che ha un suo perchè, a mio parere) passando per Traffic e per il recentissimo Contagion, financo alle tre glamourosissime minchiate di Ocean's, credo di poter affermare con ragionevole fermezza di gradire quantomeno lo stile del regista di Atlanta.
Questo è probabilmente il suo film più scognito, dal basso del suo misero milione di dollari di budget complessivo, ma vederlo potrebbe portarvi a rivalutare il buon Steven.
Perchè The Girlfriend Experience è una delle cose più femministe che abbia mai visto; ed è ironico/geniale/paradossale considerato che è una escort a rappresentare l'enorme potere detenuto dal gentil sesso, al giorno d'oggi; così come è geniale/paradossale/straniante che le fattezze di questa self-made woman siano modellate sulle curve sensuali e vertiginose di Sasha Grey, probabilmente la più nota pornostar in circolazione (almeno fino a un paio di anni fa, vista la sua recente conversione al cinema d'autore).
Lungi dal dare valutazioni morali sull'esercizio del mestiere più antico del mondo, il film segue
con stile documentaristico la frenetica vita di Chelsea, escort di lusso a Manhattan, tra shopping compulsivo, clienti piagnoni, maschi alfa, depravati e nevrastenici terrorizzati dallo spettro della crisi finanziaria che incombe (elemento costantemente richiamato in scena).
L'ovvio ritratto impietoso che ne esce del genere maschile sembra per un attimo nobilitato dalla figura del fidanzato open-minded di Chelsea, salvo poi uniformarsi, anche quest'ultimo, al grigiore generale del maschio-medio.
A contraltare di un perpetuo massacro del testosterone, Sasha Grey è inaspettatamente brava, convincente e innegabilmente bella nel ritrarre la necessaria maschera di una donna determinata, furba e, ovviamente, abile nel manovrare gli uomini, pur celando a fatica una dimensione più intima e fragile nella sua umanità.
Non c'è una mitizzazione della protagonista, ma un chirurgico punto di vista freddo e neutrale (tipico del regista) mirato a fornire un'istantanea della società e della realtà del momento.
E se da un lato può sembrare tutt'altro che femminista ricondurre il fulcro del potere delle donne alla mercificazione del proprio corpo, dall'altro appare evidente (e sarebbe ipocrita negarlo) che è dalla debolezza dell'uomo che tutto ciò origina.
L'uomo fa schifo, e la donna ne approfitta, senza tante questioni morali su ciò che è giusto o sbagliato.
Non occorre neanche andare troppo lontano.


Voto 8

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