sabato 1 ottobre 2011

Popcorn: Drive



Il post su Nicolas Winding Refn mi permette di saltare i preamboli ed andare direttamente al sodo.
Ciò che rende Drive uno dei migliori film usciti nel 2011 è il suo essere così spaventosamente anacronistico da potersi permettere di sbattertelo in faccia per tutti i 90 minuti, convincendoti che sia giusto così.
Del resto, c'è dentro così tanta roba in questo debutto hollywoodiano del regista di Copenaghen che a tratti sembra incredibile che sia riuscito a collimare tutto bene: se il solitario e taciturno pilota, interpretato da un Ryan Gosling sempre più idolo, ricorda spesso e volentieri una sorta di Travis Bickle dei giorni nostri (con ovvi riferimenti al Driver di Walter Hill), la lenta e inesorabile discesa nell'abisso della violenza viene elaborata sotto un'estetica noir che, a mio avviso, deve moltissimo al David Lynch di Velluto Blu e Cuore Selvaggio (dai titoli di testa al contributo sonoro di Angelo Badalamenti); non contento, Refn piazza riferimenti vari al cinema action anni '80 di Michael Mann e riesce persino a strizzare l'occhio al poliziottesco italiano (vedasi l'ingerimento del proiettile direttamente da Roma A Mano Armata).
Embè, dove sta il genio, direte voi?
Nel fatto che l'elemento citazionista non è un mero esercizio di copia&incolla, quanto un progressivo stratificarsi di topoi e soluzioni narrative (con annessi clichè tipici del genere) sublimati in un stile totalmente personale.
Laddove un qualsiasi Fast And Furious ipertrofizza tutto ciò che è adrenalina, testosterone e "machitudine", facilitando l'empatia del pubblico con un protagonista un po' guascone e acchiappafighe, Drive rallenta fino a cristallizzare, assorda con un sottofondo musicale vacuo e gelido e ci porta a seguire le gesta di un antieroe taciturno e indecifrabile nelle sue intenzioni dall'inizio alla fine.
Così, una classica vicenda pulp (neanche tanto originale) diventa una terribile fiaba nera, selvaggia e violenta, con punte di lirismo inaspettate e immagini di inappuntabile eleganza formale (si prendano il finale nel parcheggio o la colluttazione in ascensore).
Se ciò non dovesse bastarvi, il cast è da urlo: a Gosling dedicheremo un post futuro, ma sarebbe ingeneroso non citare un grandioso Bryan Cranston, due caratteristi di sicuro affidamento come Albert Brooks e Ron Perlman, una brava Carey Mulligan e, dulcis in fundo, quella strafiga di Christine Hendricks, che non fa vedere neanche qua le tette, ma indubbiamente resta un belvedere.
Se non è il miglior film uscito quest'anno, poco ci manca.


Voto 8,5

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