lunedì 18 aprile 2011

Popcorn: The Fighter




Capire per quale mistero la boxe, a livello cinematografico, sia spesso sinonimo di riscatto sociale è un'impresa ardua.
Ed in fondo, non mi intriga neanche tanto l'argomento.
Eppure, limitandosi a guardare il film, The Fighter è uno dei prodotti più convenzionali mai usciti: c'è un pugile nato fallito, una madre-manager-padrona-bastarda (con tanto di esercito di figlie oversize al seguito), un complicato rapporto col fratello-allenatore crackomane, un difficile amore con la classica bad girl dal cuore d'oro e la riscossa finale.
Cheppalle, direte voi.
Fino a un certo punto, dico io.
Perchè David O.Russell (che in futuro curerà l'adattamento di Uncharted) non sbraca e si mantiene molto sobrio e funzionale alla storia, nella direzione di un cast che è il vero punto di forza del film.
Mark Wahlberg è perfettamente a suo agio nei panni di Micky Ward, passando, a seconda delle situazioni, dal mammone all'uomo tutto d'un pezzo e pugile determinato.
Amy Adams è più che credibile come barista di un locale dove per ottenere una mancia devi farti toccare il culo; e per una che io ricordo solo per Come D'Incanto della Disney, direi che è un grande traguardo.
L'odiosissima madre di Micky, impersonata da Melissa Leo, è la classica matrona dedita al controllo e (più o meno velatamente) allo sfruttamento delle doti del figlio. La bravura dell'attrice, però, sta nel tratteggiare una donna forte e capace ma che sembra effettivamente ferita dai sentimenti di ribellione mostrati dal figlio, dando una coloritura di strano amore materno all'atteggiamento di comando che è alla base del loro rapporto.
Infine, e giustamente premiato con l'Oscar, c'è Christian Bale; anima e corpo (letteralmente) nell'interpretare il fratellastro Dicky Ecklund, sguardo perennemente allucinato, ovvia tendenza al fare casino per sè e per gli altri.
Giustamente, Russell fa dell'alchimia tra i 2 fratelli (ed effettivamente l'intesa tra Wahlberg e Bale è più che buona) il vero snodo centrale del film.
Nonostante la totale inaffidabilità di Ecklund, è un affetto sincero e indissolubile quello che lega due persone così diverse da averne una rappresentazione simbolica nelle rispettive storie parallele: perchè, se da una parte, Micky lotta per l'emancipazione dal regime totalitario e totalizzante imposto dalla madre, dall'altra, Dicky, attraverso la prigione, razionalizza errori e conseguenze di una vita segnata dal crack, riuscendo a redimersi in tempo per la corsa al titolo del fratello.
E se vedete quintali di retorica in queste ultime righe, non preoccupatevi; il film è tratto da una storia vera.
Mi volete trovare qualcosa di più retorico della vita?



Voto 7


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