martedì 13 settembre 2011

Popcorn: Thor/Captain America

Con la stessa formula usata per Hobo With A Shotgun e Machete, e con l'approssimarsi di maggio 2012 e dell'uscita di Avengers, vediamo come sta procedendo il lento processo di avvicinamento al film di Joss Whedon.
Una precisazione: ho visto sia Thor che Captain America in 2D, ma, un po' ovunque, ho letto (specie per il secondo) di una sostanziale ininfluenza del 3D nel giudizio della pellicola.
Detto questo, partiamo col dio norreno.





Bello, bravo, bis.
Il film di Kenneth Branagh è uno dei migliori cinecomics degli ultimi anni (e quindi di sempre, visto che come genere è abbastanza recente), in barba a Iron Man 1 e 2 (scusa, Robert, non è colpa tua, ma di quel pippone di Jon Favreau) a Spider-Man 3 e ad altri illustri predecessori. Quello che sulla carta sembrava il personaggio più problematico da trasporre su celluloide si rivela un successo su (quasi) tutti i fronti.
L'intuizione più geniale è sicuramente la realizzazione di Asgard, molto devota alle illustrazioni di Re Kirby: chi ha giocato ad almeno un Final Fantasy avrà qualche deja-vu durante la visione, ma le scene ambientate nel palazzo di Odino (Anthony Hopkins piacione) sono a dir poco mozzafiato, così come efficace e intelligente è la scelta di un pantheon norreno multietnico, a partire da un Heimdall nero (Idris Elba rulez!) per passare a un Hogun asiatico (Tadanobu Asano, invecchiatissimo rispetto ai tempi di Ichi The Killer e Zatoichi).
La storia orchestrata da J.M. Straczynski è tanto lineare quanto solida e coerente, permettendo a Branagh di lavorare di fino nel modellare la psicologia dei 2 protagonisti del film: Thor e Loki.
A dispetto di quanto temuto, ho trovato Chris Hemsworth perfetto nella parte del dio del tuono: modellato fisicamente sulle sembianze della versione Ultimate, per quanto a volte abbia l'espressività di un leghista durante un comizio di Bossi (ma quella è una colpa imputabile alla Natura, mi sa), riesce ad essere sfrontato e arrogante quanto serve per portare a casa la pagnotta.
E poi, cazzo, è veramente una montagna.
Il Loki di Tom Hiddleston è la cosa migliore del film. L'attore inglese ha fatto bene i compiti a casa, e dona uno spessore ed una tridimensionalità fondamentali per la caratterizzazione del villain (che nei cinefumetti determina un buon 70% di riuscita del lavoro): il dualismo con il fratellastro è fatto di lacrime, bugie, tradimenti e mosse subdole, con i classici piani arzigogolati del Dio dell'Inganno, vincolati però, non tanto ad una banale sete di potere, quanto ad una necessità di attenzione e affetto (e Hiddleston è bravo a non farlo scivolare nel patetico).
Il resto del cast viaggia col pilota automatico e regala al pubblico quello che ormai si attende puntualmente in ogni pellicola di questo tipo: interesse amoroso con gusto per la battutina (Natalie Portman in ferie post-Cigno Nero), vecchio professore secchione e paterno (Skarsgard sr., per la prima volta in vita sua, quasi simpatico), e spalla comica rompipalle che ogni 2-3 fa riferimenti a Facebook, I-pod, Twitter e Google (tale Kat Dennings, totalmente scognita per me, fino ad ora).
C'è pure il tempo per una comparsata di Jeremy Renner-Occhio Di Falco, dello stesso Straczyinski e per l'immancabile cammeo di Stan Lee, più le citazioni disseminate per i fan del fumetto.
Difetti? Non me ne vengono in mente; forse potevano scegliere una più figa per interpretare Lady Sif, ma va bene uguale.
Branagh le azzecca tutte, dosando i momenti ironici senza scadere nel demenziale e dirigendo con maestria le spettacolari scene di combattimento.
Difficile chiedere di più, a fine titoli di coda (e classica scena nascosta) si è gasati e soddisfatti.


Voto 7,5





Il poster che vedete qui sopra è un fan-made.
Ma rimane la cosa migliore del film sul Primo Vendicatore.
Sì, perchè, a conti fatti, tutti quelli (mi ci metto anch'io) che avevano inarcato il sopracciglio alla notizia di Joe Johnston come regista della pellicola avevano ragione da vendere.
Si può sorvolare sul fatto che Cap sia interpretato dallo stesso attore che fa la Torcia Umana, perchè Chris Evans (che a me fa strasimpatia, intendiamoci) ha sì il fisico giusto, ma non il carisma e la presenza scenica necessari per trasmettere quell'aura di leggenda che normalmente accompagna Steve Rogers.
Non si può sorvolare sul fatto che una storia (peraltro con la quantità spropositata di fumetti a disposizione) ambientata nel 1945 non faccia un briciolo di riferimento alla Seconda Guerra Mondiale; poteva essere l'occasione per fare un filmone di guerra, come non se ne vedono da anni, e invece Johnston separa totalmente l'Hydra, il Teschio Rosso e tutto il contesto dal conflitto mondiale.
Maiodicobboh.
Si può accettare (e anzi è forse la parte più carina del film) un Capitan America versione mascotte-attrazione da circo, essendo l'unico momento della pellicola in cui viene resa un filino meglio l'ambientazione anni '40.
Non si può accettare (e qui la colpa è del doppiaggio italiano) di mantenere, con risultati ridicoli, la dizione di "Captain", quando, OVUNQUE (cartoni animati, fumetti, videogiochi etc.), il nome del personaggio è sempre stato italianizzato.
Ma al di là di puntigliosità e di scelte stilistiche più o meno discutibili, tutto sa di già visto fin dalla prima inquadratura e la pellicola, anche agli occhi di chi non ha mai letto una vignetta di Cap, scorre prevedibile come una puntata di Don Matteo o dei Cesaroni, e non bastano le citazioni e le strizzate d'occhio ai nerd fumettofili o Hugo Weaving-The Mask a salvare la situazione, purtroppo.
Insomma, l'impressione è che, più degli altri cinecomics Marvel, Captain America, nella sua mediocre linearità, sia stato pensato come lunga introduzione al film sui Vendicatori (trailer post-titoli di coda da bava alla bocca perenne).
Prendere o lasciare.


Voto 5


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