mercoledì 19 maggio 2010

Popcorn: Ogni Cosa E' Illuminata


Che rapporto avete col passato?
Trovare un giusto equilibrio tra il non affondare nei ricordi e il non precipitare nel futuro può sembrare uno scherzo, in fin dei conti.
In realtà, penso che, con le dovute proporzioni, la difficoltà a raggiungere un'adeguata mediazione tra le due cose sia una delle cause principali dell'infelicità.
Succede ogni giorno, solo che non ce ne accorgiamo: o si è troppo legati al ricordo di un amore passato per non vederne uno probabile oggi, o si è troppo vincolati a speranze future per ignorare la persona giusta al momento sbagliato, il presente.
L'illuminazione non è per tutti, insomma. Occorre coltivarla, maturarla e recepirla.
Come fa Jonathan S. Foer (Elijah Wood), giovane occhialuto scrittore ebreo e collezionista di oggetti: raccoglie tutto ciò che è appartenuto ai suoi familiari di ogni epoca, conservandolo in piccole bustine di plastica. Per non dimenticare ciò che è stato, farne tesoro.
Alla morte della nonna, Jonathan decide di partire per l'Ucraina e conoscere la donna che ha salvato suo nonno dai nazisti.
Arrivato a Odessa, per raggiungere lo sperduto villaggio di Trachimbrod, ingaggia un improbabile trio come guida: Alex (interpretato da Eugene Hutz dei Gogol Bordello, gigione e candido al tempo stesso), suo nonno (Boris Leskin, monumentale) e un'isterica cagnetta di nome Sammy Davis Junior Junior (!!!).
Inizia così un road-movie che, seguendo la legge dei road-movies, diventa viaggo interiore prima che "spaziale" (citando il film "dall'interno all'esterno") e dove ognuno dei passeggeri della cabrio azzurra farà i conti con il proprio passato, intraprendendo una "ricerca molto rigida" dentro sè stesso.
Pur essendo all'esordio da regista, Liev Schrieber (Sabretooth in Wolverine e io me lo ricordo anche in Scream 1,2 e 3) ci sa fare, eccome.
Regge un perfetto equilibrio tra momenti comici (soprattutto all'inizio) e tragici, senza mai scadere negli eccessi, nè da una parte nè dall'altra.
L'umorismo è quasi sempre condito da una vena malinconica, figlia degli eventi che hanno martoriato l'Ucraina e il popolo ebreo, e i momenti drammatici non sfociano mai in un patetismo lacrimoso, ma mantengono sempre la giusta dignità.
Come mostrano grande dignità tutti i personaggi incontrati durante il viaggio, dal bambino con le pecore alla sorella di Augustine che, con candore infinito, chiede se è finita la guerra.
E' quasi paradossale come questa ricerca del tempo perduto avvenga in un luogo dove sembra che il tempo si sia fermato, come se tutto fosse stato cristallizzato in una grande fotografia vivente (forse Proust mi accopperebbe all'istante, se potesse leggermi).
Una particolare menzione, infine, merita il direttore della fotografia, Matthew Libatique (me lo sono andato a cercare, eh, non sono così fanatico): vista così, davvero l'Ucraina sembra uno dei posti più belli del mondo, con paesaggi da togliere il fiato, quasi fossero usciti da un quadro di Van Gogh (e non lo dico solo per i girasoli).

Piccolo capolavoro da custodire (magari non in una bustina di plastica, eh).


Voto 8.5

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