lunedì 17 maggio 2010

Popcorn: Shutter Island




Mi rendo conto che approcciarsi a una recensione (o presunta tale) di un film del genere dopo altre 7 ore di ambulatorio psichiatrico ha un nonsochè di masochista.
Comunque, proviamoci.
Intorno agli anni '60, in pieno Maccartismo, Teddy Daniels (DiCaprio) è un agente dell'FBI, pluridecorato di guerra (avendo partecipato alla liberazione di Dachau), che giunge sull'isola di Ashecliffe col compito di fare luce sulla scomparsa di Rachel Solando, paziente dell' enorme ospedale psichiatrico, di fatto, grande quasi quanto l'isola stessa.
Con l'aiuto del compagno Chuck Aule (un Mark Ruffalo che difficilmente sbaglia film)
, Daniels inizia un'indagine che in poco tempo lo porta a scavare dentro sè stesso, facendo emergere una realtà peggiore dell'incubo.
Ed è proprio su questa sfumata differenza che poggia tutto lo sviluppo del film, con sequenze oniriche di lynchiana bellezza (certo, l'originale è l'originale...)
, tramite le quali, il protagonista, paradossalmente, acquisisce maggiore consapevolezza della realtà, fino alla rivelazione finale (a dire il vero, non tanto sorprendente).
Così, il labirinto dell'ospedale diventa labirinto della mente, nel quale addentrarsi e fronteggiare la vera natura di noi stessi, fino agli angoli più reconditi del nostro inconscio, a ciò che è bene dimenticare, o, per usare un termine freudiano, "rimuovere".
E devo dire che Scorsese è bravo a ricreare un'atmosfera claustrofobica realmente opprimente, anche se forse l'aiuto maggiore gli viene da Leonardo DiCaprio.
Parentesi.
Non ho mai avuto il coraggio di vedere Titanic. Per tanti motivi.
Intanto, perchè temo sia un'ignobile polpettone, spaventosamente sopravvalutato.
In secundis, perchè quando uscì al cinema, odiavo le ragazzine infoiate che andarono a vederselo 13 volte solo per il belloccio di turno.
Poi ho visto The Departed.
E lì, veramente, DiCaprio mostra di essere un attore come pochi al mondo, per certi versi migliore anche di Depp, che a volte insiste troppo sull'atteggiamento "stralunato" rendendolo quasi caricaturale.
In questo film, Leo è in formato "monstre". Costruisce un personaggio reale e realistico (e i 2 termini non sono affatto sinonimici), interpretandolo in maniera letteralmente viscerale.
Grandioso soprattutto nel finale, che è forse la cosa più bella di Shutter Island. Un'angoscia palpabile, resa reale dagli occhi e dalla voce dell'attore e indubbiamente straniante anche per merito della brava Michelle Williams (Dawson's Creek a qualcosa è servito, allora...).
Onore e merito anche agli altri attori di contorno: da Ben Kingsley a Max Von Sydow (uno più mefistofelico dell'altro) a Emily Mortimer, Elias Koteas, Jackie Earle Haley e Mark Ruffalo stesso...chiamalo contorno...
In definitiva, film bello da vedere (inteso proprio in senso estetico), piacevole ed appassionante (dipende da quanta esperienza avete in fatto di thriller...); tuttavia, The Departed è sempre un gradino sopra.



Voto 7.5

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