venerdì 26 novembre 2010

Dischi Del Mese: Novembre '10



Novembre di vacche magre, con poche uscite, qualche flop, qualche conferma ma nulla di sorprendente. Quindi, anche se non novembrino, ne approfitto per recensire uno dei dischi più belli, a mio parere, di questo 2010. Andiamo con ordine.

Danger Mouse & Sparklehorse - Dark Night Of The Soul: eccola la genialata di quest'anno. Una folle collaborazione tra uno dei produttori più in voga del momento (non un grandissimo onore se si pensa che è in compagnia di gentaglia come David Guetta, Timbaland o Bob Sinclar..) e un visionario Maestro del cinema come David Lynch. Da queste insane menti, nasce una specie di concept album fosco, notturno, da ascoltare in macchina, mentre le luci dei neon, tanto care al regista di Missoula, illuminano l'atmosfera. Le ospitate si sprecano (Vic Chesnutt, Flaming Lips, Iggy Pop), ma i momenti migliori vengono da Julian Casablancas che diverte e si diverte in Little Girl, a Gruff Rhys e Nina Persson che regalano gli unici intervalli leggeri per chiudere con lo stesso Lynch che in Star Eyes e nella conclusiva title track (un'inquietante nenia uscita da un grammofono anni '20) contribuisce alla resa del clima spettrale e oscuro di cui il disco si permea. Gioiello. Voto 8,5

Le Luci Della Centrale Elettrica - Per Ora Noi La Chiameremo Felicità: già il primo lavoro mi aveva lasciato freddino, a dispetto dei numerosi elogi (e del premio Tenco), per una certa monotonia di fondo; sì è vero, di Vasco Brondi tutto si può dire tranne che rispetti la struttura-canzone, ma se quest'anarchia compositiva diventa essa stessa struttura, ecco spiegata la sensazione di ripetitività. Ma la verità è che il punto forte dello one man band emiliano sono sempre stati i testi e anche in questo lavoro, in fondo, il materiale c'è. Il problema è che se non si è mai sentito un disco delle Luci, non si riesce a capire se questo album è antecedente o seguente alle Canzoni Da Spiagge Deturpate e il motivo è semplice: sono pressochè identici. Non che mi aspettassi un'orchestra alle sue spalle per questo secondo lavoro, ma un minimo di ricerca, o di innovazione, quello sì. Repetita iuvant, ok, ma lo stesso messaggio a cui Vasco presta così tanta importanza rischia di affievolirsi se non accompagnato da un sostegno musicale vario e allo stesso tempo adeguato. Sprazzi di classe si trovano in Anidride Carbonica e Le Petroliere, il resto è un piccolo grande deja vu. Voto 5

Beatrice Antolini - BIOY: il mio giudizio è influenzato dal fatto che per me Beatrice, oltre che brava, è anche bona. E parecchio anche. Il precedente "A Due" era un collage riuscitissimo dei generi più svariati, dal j-pop al cabaret-burlesque stile Dresden Dolls passando per il funky, con parentesi sinuosamente dilatate come Morbidalga. In BIOY, la Antolini si lascia contaminare da sonorità electro, estendendo lo spettro di generi cui attingere, senza dimenticare quell'andamento nervoso (come in We're Gonna Live) che spesso la contraddistingue. Riesce a far collidere eleganza e barocchismo senza scadere nel pacchiano e rafforza la sua candidatura ad un ruolo di primo piano nella scena alternativa italiana. Voto 7

Scott Pilgrim VS. The World OST: partendo dal film che è un capolavoro per nerds, ovviamente la colonna sonora non può essere da meno con Beck, Broken Social Scene e Metric che si prestano alla band battle del film oltre a vecchi cavalli di battaglia di Rolling Stones, Black Lips e T-Rex. Il gioiello è Ramona in versione acustica di messer Hansen. Soundtrack da amare solo se si è visto il film (che non si può non amare). Voto 7,5

Futureheads - The Chaos: Last.fm dixit "Il nome fu scelto in omaggio al disco dei Flaming Lips Hit to Dead in the Future Head". Bene, col gruppo di Wayne Coyne, i Futurheads non c'entrano un cazzo. Ma non è necessariamente un male, anzi. Sono parenti stretti (quasi a livelli di gemellaggio) con i Maximo Park e anche questo non è un male: ritornelli orecchiabili, piede che non può fare a meno di battere il ritmo a primo ascolto e 40 minuti di piacevole svago (The HeartBeat Song è la più immediata fra le immediate). Il problema di questo tipo di album è che i primi tempi li ascolti così tanto che poi, inevitabilmente, li porti alla nausea e finisci per non sentirli mai più. A meno che non ti chiami Vampire Weekend e fai, sì, musica-cazzeggio ma la fai Divinamente. Voto 6,5

Jon Spencer Blues Explosion - Dirty Shirt Rock'n'Roll: per chi non avesse mai avvicinato questa esplosione di punk'n'blues grezza, cafona e salutare, questa sorta di antologia è un ottimo viatico per approfondire. 22 pezzi tra hit, radio edit e rarità da prendere al volo se non si è mai avuta esperienza diretta con il vecchio Jon. Voto 7,5

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