mercoledì 22 giugno 2011

The Killing - Stagione 1




Nel magico mondo del tubo catodico, c'è posto solo per un cadavere di ragazza figa trovata morta in circostanze misteriose; perciò, cara Rosie Larsen, mi dispiace, ma ti tocca rimanere in quel bagagliaio pieno d'acqua per molto molto tempo.
Lei vince sempre, non c'è partita.
C'hai provato, hai cercato di renderti interessante, ma se non fosse per questo poster promozionale non mi ricorderei neanche che faccia hai.
Senza rancore, eh.
Crepa in silenzio.
Per amore del vero, va anche detto che The Killing con Twin Peaks, a dispetto di qualche omaggio più o meno sfacciato, non c'entra un cazzo: sì, anche qui la suddetta ragazza incofanata ha tutti i crismi dell'angioletto di casa, salvo poi passarsi costose serate in un casinò al confine e, sì, anche qui c'è un invisibile fil rouge che lega i segreti e gli scheletri nell'armadio di persone apparentemente scollegate tra loro, ma, vi giuro, non c'è altro.
Anche perchè, se paragoniamo quell'idolo di Dale Cooper alla coppia di detective improvvisati di The Killing, si rischia di diventare cattivi.



Oltre ad essere i due investigatori peggio vestiti mai apparsi in tv, Linden e Holder sono così incapaci e privi di intuito da far sembrare Manuela Arcuri un carabiniere credibile. Sì, perchè, ogni progresso dell'indagine, in questi 13 episodi/giorni, è frutto di una proverbiale botta di culo messa lì per far crollare i sospetti e le congetture sul potenziale assassino di puntata e indirizzarli, nella successiva, verso un nuovo insospettabile personaggio (il quale, ovviamente, si rivelerà a sua volta un buco nell'acqua).
Il tutto nasce dall'esigenza, o scelta stilistica, vedete voi, di seguire con attenzione maggiore l'aspetto emotivo della vicenda, focalizzando la macchina da presa sulle reazioni dei familiari della vittima.
Per cui, ok, sacrifichiamo le indagini rendendole il più ingarbugliate, inverosimili e sconclusionate possibile, così ci concentriamo sul drama e facciamo qualcosa di lacrimevolmente apprezzato.
Ebbene, pur disponendo di una materia prima ottima (almeno sulla carta, viste le lodi unanimi riscosse dall'originale danese Forbrydelsen), e di un'aura che furbescamente rimanda a un telefilm che ha fatto epoca, The Killing si rivela per quello che è.
Un insignificante pasticcio.



Avete capito bene, anche la parte lacrimevole e compassionevole ha i suoi grossi problemi; la famiglia Larsen è un frullato di stereotipi e clichè come se ne vedono in qualsiasi telefilm (persino in Italia), e l'indugiare in maniera lenta e pedissequa sulle reazioni alla perdita risulta inevitabilmente pesante e artificioso.
Rosie, di fatto, potrebbe aver trascorso tutta la vita in quel bagagliaio, agli occhi dello spettatore, per quanto poco si sa di lei; da qui, l'errore di fondo.
Mentre in Twin Peaks gran parte del merito andava alla centralità della vittima nelle indagini (rendendo Laura viva, a dispetto di quanto accaduto), The Killing sembra privo di un autentico fulcro, ondeggiando confusamente tra un giallo classico (e sbullonato, come detto sopra), un drama superficiale che cancella dalla scena l'elemento portante (indebolendo l'interesse che si può provare per le dinamiche familiari) e una poco appassionante spy story politica (discutibilmente tenuta slegata dall'omicidio per troppo tempo).
Come se non bastasse, gli ultimi 2 minuti del season finale regalano un plot twist forzato e assolutamente folle, che certifica come questi 13 episodi siano stati soltanto un megabluff.



Voto 5-


Ah, la serie è stata rinnovata per una seconda stagione (che probabilmente seguirò a tempo perso), dove l'autrice principale (tale Veena Sud) ha già annunciato la risoluzione del caso Larsen nelle prime puntate e il contemporaneo affiancarsi di un nuovo omicidio...
Hype?
Zero.

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