lunedì 25 ottobre 2010

Dischi Del Mese: Ottobre '10




Sufjan Stevens - The Age Of Adz: devo confessare di averlo scoperto da poco, ascoltando quello che, a detta di molti addetti ai lavori, è uno dei migliori dischi degli anni '00, cioè Illinoise. Ed effettivamente, capolavoro lo è, "Illinoise"; un meraviglioso collage di folk, pop, cantautorato e molto altro rielaborati in una chiave quasi orchestrale che, tuttavia, riesce a stupire per l'immediatezza e la (apparente) semplicità. Ho poi proseguito con The BQE, disco strumentale, ma non per questo più astruso e A Sun Came, meno potente ma sulla stessa falsariga di Illinoise (cui entrambi i dischi citati sono cronologicamente precedenti). Il nuovo The Age Of Adz mi ha spiazzato, sono sincero. I riverberi folkeggianti e pop (qui inteso come popolari) hanno lasciato spazio ad un'elettronica sui generis, molto stilizzata, mai lineare, e comunque in grado di fornire un senso di dilatazione psichedelica (emblematica la traccia finale di 25 minuti, Impossible Soul) affascinante anche per chi di elettronica non è un grande fan (tipo me). Paradossalmente, in questo disco più che in altri, risalta ancora di più la tendenza di Stevens a prediligere una creazione organica, una visione d'insieme, piuttosto che il lavoro sul singolo pezzo. Tant'è vero che se per i precedenti album, si può parlare di gusto per il musical, qui penso non sia azzardato parlare di un lungo flusso di pensieri in note. Motivo per cui non ha molto senso limitarsi all'ascolto di uno o due brani, perchè non se ne coglierebbe la ragion d'essere complessiva. Perchè Sufjan Stevens non scrive canzoni, scrive opere. Voto 7,5

Belle And Sebastian - Write About Love: al 1996 risale il debutto di questo gruppo scozzese, pionieri dell'indie pop e ormai mostri sacri del genere. E quando suoni da 14 anni, fottendotene di quanti dischi vendi, vuol dire che sono altre le motivazioni a spingerti, piuttosto che il tintinnìo dei dindini. Così Write About Love propone 11 raffinate canzonette (non memorabili, a dire il vero), ma di sicuro al di sopra del livello medio propinato dalle radio, utili per svagarsi e contrastare l'insorgenza di un eventuale mood depressivo autunnale. Per cui, al primo temporale, buttatevi sulla title track se volete un sottofondo allegro che vi tiri su di morale, o se siete di quelli che cercano un commento sonoro in linea con le foglie che cadono e la pioggia che picchetta sui vetri andate sulla soffusa Little You, Ugly Jack, Prophet John (collabora Norah Jones). Voto 6

Kings Of Leon - Come Around Sundown: molti li guarderanno con un po' di puzza sotto il naso dopo il successo di Only By The Night e, sinceramente, anch'io temevo un tracollo artistico sull'altare sacrificale di un maggiore consenso di pubblico. Per fortuna, non è andata così: da bravi strafottenti, i KOL continuano imperterriti sulla loro strada (anche se l'evoluzione verso lo stadium rock è ormai quasi completa), alternando sinuose chitarre "à la Edge" a pezzi che trasudano Tennessee e southern rock da tutti i pori, rispolverando selvagge cavalcate come No Money o Mary che starebbero benissimo nello splendido Because The Times (che per il sottoscritto rimane il loro miglior disco), e riproponendo la solida magniloquenza da arena di Use Somebody in The Immortals o nella conclusiva Pickup Truck. Nel mezzo, piacevoli esperimenti come Mi Amigo, la solare Beach Side e il gradevole (ma innocuo) singolo Radioactive. Manca forse la hit ma resta un album con gli attributi. Pericolo scampato. Voto 6,5

Soundgarden - Telephantasm: ok, di stronzate Chris Cornell ne ha fatte. Gli album solisti facevano pena ed è difficile dire il contrario. Ma a me il primo album degli Audioslave era piaciuto parecchio (e Show Me How To Live resta uno dei video più belli di sempre, per me). In odore di reunion, questa raccolta ripropone in tutto il loro splendore i Soundgarden, quando la voce del buon Chris era selvaggia e furente. Da Black Hole Sun a Rusty Cage, passando per la potenza di Jesus Christ Pose (7 minuti live di rock con le palle quadrate) o di Superunknown. Chi li conosce solo per il video con la gente dagli occhi strani (e non sto parlando di Aerials dei System Of A Down), può cominciare ad approfondirli da qui. Voto 8

Fanfarlo - Reservoir: si può seguire la scia del successo di altri gruppi e riuscire a produrre un disco valido qualitativamente e comunque dotato di una forte identità? Nel caso dei Fanfarlo, la risposta è sì. Un sì bello grosso, anche.
E' vero, gli Arcade Fire spuntano da tutte le parti (e qualche volta anche i Sigur Ròs), la voce di Simon Balthazar vi darà 2000 deja vu diversi (io ci ho trovato analogie anche col cantante degli Editors, figuratevi..), ma l'album si lascia ascoltare con grande piacere. Eleganti, piacevoli e contaminati da una vena malinconica autunnale (paradigma ne è la splendida Luna). Ah, e consigliati anche da David Bowie. Serve altro? Voto 7

giovedì 21 ottobre 2010

Tutti Volevamo Una DeLorean




Gli ultimi 2 minuti di questo video sono semplicemente il più duro test di resistenza per le vostre ghiandole lacrimali.
Viene voglia di incontrare Michael J. Fox, abbracciarlo e ringraziarlo per averci accompagnato quando giocavamo con l'Atari, i Lego e i pupazzetti Playmobil.


martedì 19 ottobre 2010

Occhiali Gialli E Blu



Ieri pare sia iniziato il Grande Fratello, dopo un'ideale passaggio di testimone con la versione dei minatori cileni. (l'ha detto il TG5, non io)
Massì, diamo in pasto al popolo italiota qualcos'altro su cui indirizzare la propria morbosità; la sola vicenda Scazzi copre tutto l'arco della giornata, tra tg e (presunte) trasmissioni di approfondimento, ma noi vogliamo di più.
Vogliamo tette, culi, sangue, cadaveri, la passera di Belen che quasi esce dallo schermo e quant'altro possa solleticare il nostro malizioso istinto voyeuristico.
Del programma di Fazio e Saviano bloccato per nonsisaquale motivo non ce ne frega un cazzo.
E poi, sappiamo che, per fortuna, in questo naufragar di immagini rubate, assedi di giornalisti ad abitazioni di indagati per omicidio, e fiorir di opinioni non richieste, c'è Massimo Giletti.
Lui sì che può indicarci la retta via. Verso una tv migliore, di qualità e di contenuti.
Ah e anche Klaus Davi, suo fedele compagno di viaggio. (per il quale vi invito a leggere e vedere qui)
Sapete, rispetto a Barbara D'Urso, L'Italia sul 2, La Vita In Diretta & co., trovo L'Arena ancora più disgustoso e irritante.
Sì, ok, la sigla con Vasco fa molto (già la pretesa di voler distinguere "buoni e cattivi" mi inquieta un po'), ma c'è anche dell'altro.
Con la spocchia di chi è superiore a un certo genere di televisione, Giletti sguazza nel torbido, nel trash e in tutto ciò che all'apparenza critica ma di cui sa di non poter fare a meno di parlare per racimolare ascolti.
In un trionfo di populismo, buonismo, superficialità e di spudorata ipocrisia, lo spettatore viene sbeffeggiato e imboccato.
Del resto, il cittadino medio è rappresentato anche in studio; da soggetti come questo, investiti da non so quale autorità, del ruolo di portavoce dell'opinione comune.
In nome del diritto di cronaca, si scava nel vissuto dei personaggi attualmente in auge (oggi tocca alla pazzesca famiglia Misseri), nella speranza di trovare elementi sempre più morbosi e di indubbio fascino sul pubblico catodico.
Si chiede agli ospiti in studio cosa ne pensano e se vogliono lanciarsi in interpretazioni. Così Eleonora Giorgi dice la sua (la preferivo nei film erotici anni '80, muta e nuda), Vittorio Sgarbi, tra una dormita e un sms al cellulare, lancia la solita sterile provocazione e la Senette tenta di dimostrare che fa la giornalista in tv solo perchè è brava e dice cose intelligenti e non perchè figa.
Intanto, il conduttore gongola nella speranza che al peggio non ci sia mai fine e che non sia stato detto ancora tutto sul fatto del momento; chissenefotte dello sciacallaggio mediatico su una persona che già è morta in modo terribile.
Perchè, credetemi, i recenti sviluppi delle indagini non possono far altro che far godere il circo ambulante di giornalisti, inviati e opinionisti dell'ultima ora, ansiosi di condividere con lo spettatore le notizie, i pettegolezzi, i particolari che tanto faticosamente hanno raccolto.
Come avvoltoi che volano intorno alla carogna abbandonata.
Pornografia della peggior specie.
Datemi Youporn in prima serata, allora.


venerdì 15 ottobre 2010

Popcorn: Kick-Ass


Cosa dire di uno dei più interessanti cinecomics degli ultimi anni? In grado di coniugare il divertimento cazzone e scanzonato dei film sui supereroi a momenti di matura riflessione su una società che quando vede due che si picchiano, anzichè separarli, li riprende col telefonino? (non succede mica solo nei film, eh..)
Kick-Ass è ironico, violentissimo, citazionista, divertente, cupo e sagacemente arguto mantenendo su pellicola (pur con qualche libertà rispetto alla trama originale) la stessa vena caustica che Mark Millar, attualmente uno dei più grandi fumettisti in circolazione, riversa sulle pagine dei suoi comics.
Merito anche di un regista come Matthew Vaughan, in procinto di occuparsi dei giovani X-Men, che, con un budget relativamente basso, confeziona un prodotto artisticamente ineccepibile, con punte di eleganza come il flashback a fumetti made by John Romita Jr., e di un cast formidabile, nonostante l'unico nome di grido sia Nicholas Cage.
Aaron Johnson (per me assolutamente scognito prima di questo film) se la cava alla grande nei panni del protagonista, Mark Strong è il solito gran bastardo, Lindsy Fonseca è una figa da paura, ma è difficile non rimanere ammaliati dalla minuscola ma letale Hit Girl di Chloe Grace Moretz.
In Italia, alle solite, difficilmente Kick-Ass arriverà al cinema: in America è uscito ad Aprile con un bel VM 14; ergo, i tutori dell'integrità morale dei pupi italici lo vieterebbero ai minori di 50 anni, come minimo, per le scene di violenza su e da parte di minorenni.
Non essendo sicuro neanche di una distribuzione in home-video, il consiglio è: procuratevelo in rete con i sottotitoli e non fatevelo scappare.

Voto 8

mercoledì 13 ottobre 2010

Revisioni: David Cronenberg





Body horror. Per molti anni, questa è stata l'espressione che ha affiancato David Cronenberg; a indicare, la passione del regista canadese per le tematiche inerenti il corpo e le sue mutazioni, quasi un'ossessione sublimata nel tentativo di rendere il più possibile tangibile il processo di trasformazione dell'organismo. Ciò che però ha fatto del mancato ginecologo di Toronto un Maestro del cinema contemporaneo è il merito di aver visto nella modificazione del corpo una base psichica, ricostituendo quel connubio soma-psiche che di fatto mai realmente è stato scisso. In ogni sua opera, ciò che la carne subisce (o di cui fa esperienza) parte da una volontà della mente.
In barba ai critici che fino a qualche tempo fa si soffermavano soprattutto sull'aspetto meramente fisico e corporeo delle sue pellicole, Cronenberg rende questo rapporto (in verità, mai conflittuale ma anzi quasi sempre visto come cooperazione, se non subordinazione) simbiotico e fusionale con gli ultimi 2 film: La Promessa Dell'Assassino e History Of Violence (ma già con M. Butterfly l'elemento era stato abbondantemente affrontato), dove il tema della trasformazione non risulta visibile in maniera lampante, ma anzi viene celato, obbedendo al vero esecutore del processo mutazionale, cioè la mente. Questa può quindi essere una chiave di lettura utile per la comprensione della filmografia cronenberghiana: il corpo cambia forma, muta aspetto, perchè è la mente a volerlo. Il soma esegue, la psiche ordina.
Con un'anticipazione sui progetti futuri che prevedono A Dangerous Method, incentrato sul triangolo Jung-Freud-Sabine (le cui riprese credo siano terminate) e la trasposizione del romanzo di Don DeLillo, Cosmopolis, per il quale pare siano stati contattati Colin Farrell e
Marion Cotillard (AMO questa donna), mi fiondo in una mini-analisi della filmografia cronenberghiana (potete addormentarvi durante la lettura, non mi offendo).

Il Demone Sotto La Pelle: ambientato in un residence super lusso (celebre l'omicidio iniziale), veicolo della trasformazione è un parassita capace di risvegliare negli infetti gli impulsi più primordiali e archetipici: il sesso e la violenza. Freud avrebbe gradito. Se lo guardiamo come semplice horror, sente il peso del tempo, e gli arrapati assassini strappano qualche risata. Voto 6,5

Rabid - Sete Di Sangue:
qui la mutazione viene dall'esterno. La protagonista, dopo un incidente stradale, diviene oggetto di un esperimento medico a causa del quale si ritrova un pungiglione sotto l'ascella, trasformando la donna in una specie di vampiro. Interessante è osservare come da qui (anche se molto superficialmente) inizia un processo di analisi interiore del soggetto "mutato". Il personaggio interpretato da Marylin Chambers in alcune scene soffre per la propria trasformazione lasciando intendere una nascosta speranza di essere fermata. Il film scorre ma vale lo stesso discorso fatto per il precedente.
Voto 6,5

Brood - La Covata Malefica
: con la psicoplasmia, Cronenberg stressa la connessione corpo-mente rappresentando la somatizzazione dell'ira sottoforma di bambini deformi e assetati di sangue. Di certo non è casuale che nascano dal ventre, a indicare la profonda interiorità da cui originano i nostri pensieri più torbidi e oscuri. Splendide le sedute di terapia con il dr. Raglan (merito di un grande Oliver Reed), veri momenti di tensione a scapito delle aggressioni dei bambini, in parte rovinate dal trucco non efficacissimo. Resta comunque un gioiello e un classico del cinema horror moderno. Voto 7

Scanners:
sono di parte: è forse il film di Cronenberg che più mi piace. C'è un perfetto mix di sano, divertente horror (sì, mi riferisco alla testa che scoppia) senza tralasciare l'aspetto psicologico della vicenda. In più il cast è strabiliante: da McGoohan, al timido Stephen Lack fino al grandioso Michael Ironside, capace di esprimere cattiveria pura per 101 minuti e in grado di rendere lo sguardo tenero di Cameron Vale nel minuto conclusivo, dopo lo scontro tra i due protagonisti. Da vedere. Voto 8,5

Videodrome: a ragione, ritenuto da tutti il miglior film del regista canadese. Visionario, inquietante, morboso e profetico per come affronta in anticipo il problematico rapporto uomo-tecnologia (in questo caso soffermandosi sulla tv, ma le stesse considerazioni varrebbero anche per Internet, in fondo). Con un grande James Woods, nel ruolo di un produttore televisivo che pensa di poter scrutare nell'abisso, guadagnandoci, salvo poi finirne inghiottito. Capolavoro assoluto. Voto 9

La Zona Morta: tratto dal romanzo di Stephen King (e fonte ispiratrice del Dylan Dog intitolato Ti Ho Visto Morire), è la pellicola dove personalmente ho sentito più potente
il contributo della colonna sonora (di Michael Kamen, che sostituisce, qui, il fedele Howard Shore), abile nel disegnare in musica la sofferenza del protagonista (un fragile ma risoluto Christopher Walken). Forse un po' lento, rimane un bel film, triste e pessimista. Voto 7


La Mosca: recentemente ho letto della possibilità di un remake (forse ad opera dello stesso Cronenberg); a me pare una panzana, anche perchè non vedo come si possa "aggiornare" un film che di per sè non ne sente assoluto bisogno. Altra vetta espressiva del regista di Toronto, coadiuvato da un cast egregio ma soprattutto da un make-up artist come Chris Walaas, non a caso vincitore dell'Oscar per questo lavoro. Nel riproporre il tema del corpo che cambia (mi sembra di citare i Litfiba, ma vabbè...), viene allo stesso tempo rielaborato il concetto "frankensteiniano" di Prometeo moderno: l'uomo che si spinge oltre i confini della scienza paga un dazio terribile, al punto da arrivare a desiderare la morte. Voto 8,5

Inseparabili:
prima collaborazione con Jeremy Irons, per l'occasione costretto a sdoppiarsi nell'interpretazione di due gemelli. Da grande attore quale è, riesce comunque a tratteggiare due personalità molto forti nella loro diversità per poi farli convergere in una fusione simbiotica che trova il suo complemento nella donna con due uteri, di cui entrambi sono innamorati. Entra in scena anche qui, l'elemento tragico che per certi versi richiama ai classici greci per liricità e spessore. Voto 7


Il Pasto Nudo:
dal romanzo di William Burroughs, un'opera cui è difficile dare un senso razionale ma non per questo priva di fascino e incapace di intrigare lo spettatore. Pellicola atipica, se rapportata alla filmografia cronenberghiana, che presenta comunque alcuni topoi cardine del regista, prima fra tutte la fragilità del protagonista, drugs-addicted e tormentato per la morte della moglie. Splendida colonna sonora di Howard Shore con le incursioni jazz di Ornette Coleman, utili a sottolineare l'impronta noir in alcune parti del film. Voto 7

M. Butterfly:
torna Jeremy Irons e si riprende nuovamente la scena con un'interpretazione mostruosa, mettendo in scena un amore cieco, quasi extracorporeo (perchè è difficile non accorgersi che la Song Liling, di cui si innamora, sia in realtà un uomo), tragico e straziante. Memorabile l'epilogo in carcere con la recita finale di Gallimard. Film elegantissimo. Voto 8

Crash:
crudo e potente come un pugno allo stomaco, contraltare alla sofisticata estetica dell'opera precedente, è il film che più ha diviso la critica. Personalmente, trovo funzionale la rappresentazione del sesso come atto meccanico, sottoforma di amplessi ora animaleschi e primordiali ora freddi e quasi chirurgici, a sottolineare il senso di vuoto avvertito dai protagonisti e che permea un po' tutta la letteratura di James G. Ballard (autore del romanzo ispiratore). Di fatto non c'è un intreccio ben definito; l'intento è ritrarre la ricerca dell'uomo post-moderno di un qualcosa che lo faccia sentire vivo, ora che il sesso non basta più, e non è più in grado di arrecare piacere. Voto 7,5


Existenz:
ben prima di Matrix, un'interrogazione sul senso di realtà. Ripropone alcune tematiche di Videodrome (anche qui, il corpo ha un'appendice per la connessione ad un'altra dimensione) ma con minore potenza visiva. Certo, la mano di Cronenberg è evidente e Jennifer Jason Leigh ha il suo perchè. Voto 6,5

Spider: ok, qui il mio giudizio è condizionato da una visione non attentissima. Devo però ammettere di essermi un po' annoiato a vederlo, forse per aver colto in anticipo il plot twist alla base. Notevole, comunque, Ralph Fiennes nel ruolo dello schizofrenico protagonista e Gabriel Byrne in quello dell'odioso padre. E' un viaggio nell'intricata mente di un uomo malato, dove spesso i fili si intrecciano e si confondono tra loro. Un po' troppo lento per i miei gusti. Voto 6-

A History Of Violence:
Viggo Mortensen dà il cambio a Jeremy Irons come attore feticcio e confeziona una prestazione da urlo. Il suo Tom Stall è perfetto, tanto da gabbare anche lo spettatore, nel celare la sua vera natura finquando diventa impossibile contenerla ed inevitabile liberarla. Emblematico il violento rapporto sessuale con la moglie sulle scale e lo splendido finale a tavola in famiglia. Cronenberg mostra come l'orrore non sempre ha bisogno di essere rappresentato in ogni suo dettaglio per fare paura. Perchè nasce dalla mente e non dal corpo. Voto 9

La Promessa Dell'Assassino: altra prestazione maiuscola di Mortensen (candidato all'Oscar), circondato da una tenace Naomi Watts, da un istrionico Vincent Cassel e da un grandioso Armin Mueller Stahl.
Sulla scia dell'opera precedente, la mutazione nasce prima nella mente che nel corpo. I tatuaggi di Nikolai sono la vivida testimonianza della trasformazione, imposta dalle circostanze e dalla necessità di sopravvivere: il soma martoriato nella scena del combattimento nella sauna, in nome della salvezza della psiche, che, più di ogni altra componente del nostro Io, viene messa alla prova dalle esperienze che viviamo. Vera costante del cinema di Cronenberg.
Voto 8,5

sabato 9 ottobre 2010

Di Come Ammazzare Il Tempo Prima Che Il Tempo Ammazzi Te


Chepppppppppppppppppppppppppppppppppalle.
Altro che ermetismo.

lunedì 4 ottobre 2010

Gli Orrori Di Altroquando


Per i non palermitani che leggeranno questo post (o per il non palermitano che leggerà questo post), una premessa.
Altroquando è una fumetteria ormai storica per la città; in passato, unica fonte cui attingere per chi volesse addentrarsi nel mondo delle nuvole parlanti e saperne di più (dalle strisce di Topolino a Maus di Spiegelman), quando ancora le graphic novels non erano di moda o di film tratti da comics c'era solo il Superman di Cristopher Reeve.
Anche chi non è siciliano, saprà della visita del Papa ieri a Palermo.
Non mi soffermo sull'utilità o meno di questa visita (perchè non penso di essere qualcuno per poter giudicare cosa serve a chi), nè sugli sprechi comunali per organizzare l'evento (perchè sento l'eco delle giostre e dei giochi per distrarre i poveri di imperiale memoria), in una città che avrebbe bisogno di tantissime altre cose, in questo momento.
Vado oltre.
L'itinerario della papamobile prevedeva il passaggio per Corso Vittorio Emanuele, strada storica di Palermo (che conduce alla Cattedrale) e, tra le altre cose, sede anche di Altroquando.
Il libero arbitrio di cattolica ispirazione, o il diritto alla libertà di pensiero di costituzionale derivazione, in teoria, dovrebbero consentire la manifestazione (pacifica,ovviamente) di un'opinione diversa, fuori dal coro, dall'uniformato belare del gregge.
Dovrebbero, appunto.
Basta un provocatorio (per altri evidentemente, dato che per me è una semplice battuta) cartellone con la scritta che vedete qui sopra per mobilitare la DIGOS.
Per chi non lo sapesse, DIGOS sta per Divisione Investigazioni Generali e OPERAZIONI SPECIALI.
No dico, operazioni speciali. In una fumetteria.
Entrano, sequestrano la prova del crimine, e prendono anche manifesti DENTRO il negozio, quindi lontano dalla vista di Ratzinger, dei fedeli, del clero e di Franco U' Vastiddaru, mitico venditore di pani ca' meusa di Corso Vittorio.
Arraffano e portano via.
Coi guanti.
Mentre fuori si levano gli Osanna e la gente è in festa.
Non sto certo dicendo che la colpa è del Papa, eh.
No. Il mio indice, sinceramente, non so più verso chi puntarlo; perchè non sono più così tanto sicuro che la colpa sia dell'autorità; non esclusivamente, almeno. Mi convinco sempre più che il vero colpevole sia nascosto nelle nostre coscienze, totalmente assopite e stordite.
Perchè sono più che sicuro che, tra gli eventuali passanti, qualcuno che applaudiva la DIGOS c'era.
Fosse anche uno solo.
E intanto anneghiamo. Scivoliamo giù, cercando di scoprire quale sia veramente il fondo, cosicchè ogni volta che pensiamo di averlo toccato, capiamo di poter andare ancora più in basso.
Ci sta sfuggendo tutto di mano e non ce ne rendiamo conto. Ci abbagliano coi fuochi d'artificio, i tappeti rossi, i miracoli, e nel mentre ci tolgono le scarpe dai piedi e, ad ogni passo, sentiamo più dolore, finquando ne avremmo sentito così tanto che ne saremo anestetizzati.
Nei libri di fisiologia, il dolore viene definito come una funzione normale del nostro corpo, fisiologica, appunto: serve a farci comprendere l'imminenza di un pericolo.
Come dite? Voi non sentite niente?